West Side Story 37

Di Lorenzo Albacete
20 Settembre 2000
West Side Story 37

Dialogo all’americana Sorpresa: all’Europa protestantizzata che si straccia le vesti se la Chiesa cattolica ribadisce il suo Credo, replica la dichiarazione aperturista di centinaia di teologi ebrei americani che ammettono: “senza identità non esiste dialogo”. Mentre il Senatore Lieberman, ebreo ortodosso e Vice di Al Gore, porta sulla scena politica l’esperienza religiosa Quest’ultima settimana la campagna presidenziale Usa è stata dominata dal dibattito sul ruolo della religione nella vita politica.

Effetto Lieberman
Un dibattito sempre ricorrente, che stavolta non si è infiammato per l’intervento dei fondamentalisti cristiani e dei conservatori che insistono sull’urgenza di un ritorno degli americani alla loro “identità cristiana”, ma per le posizioni del Senatore Joseph Lieberman, candidato liberal democratico per la Vice-presidenza, un ebreo ortodosso. Il Senatore Lieberman ha fatto osservare l’importanza della fede e la necessità di trovare un posto per la religione nel dibattito politico americano. Come primo ebreo a essere nominato per un incarico nazionale di tale importanza, la scelta di Lieberman ha segnato un importante e storico sviluppo della politica Usa. L’evento più paragonabile è l’elezione di John F. Kennedy nel 1960, il primo (e l’unico) cattolico ad essere eletto presidente e il secondo a ricevere un incarico dopo il Repubblicano Thomas Dewey nel 1948. Il giudizio dominante americano della storia e del destino degli Usa è stato formulato nei termini propri del Protestantesimo anche se molti protestanti finirono secolarizzati al tempo della fondazione della paese. Sia il cattolicesimo, sia l’ebraismo hanno minacciato la “religione civile” ufficiale che ispirò e sostenne questo giudizio, considerata ostile al cattolicesimo. Quando J. F. Kennedy venne eletto nel 1960 fu costretto a rassicurare l’establishment protestante che il suo cattolicesimo non costituiva una minaccia per la “via americana”. Mentre oggi Lieberman sembra determinato a sottolineare l’importanza della sua fede.

Luogcomunismo mediatico e intelligenza ebraica
E’ interessante che proprio nel mezzo di questa discussione siano apparsi due documenti che trattano il problema della fede e dell’apertuta verso il pluralismo. Il primo è la Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, firmato dal cardinal Joseph Ratzinger, e insiste che i cattolici devono credere con forza che Gesù Cristo è la sola via alla salvezza per l’intera razza degli uomini e la Chiesa Cattolica la piena incarnazione della sua presenza salvifica nel mondo. Sebbene negli Usa non è stata prestata a questo documento la stessa attenzione riservatagli in Europa, dove ha acceso un intenso dibattito, l’impressione generale sui media nazionali era la minaccia di una marcia indietro della Chiesa Cattolica dai suoi impegni per il dialogo ecumenico, la rinascita dell’assolutismo cattolico. L’altro documento è la dichiarazione di centinaia di teologi ebrei e altri studiosi apparsa sulle pagine dei maggiori quotidiani nazionali come risposta ai tentativi dei cristiani di rimuovere elementi enti-semiti dalle proprie pratiche e dai propri insegnamenti. Gli autori ritengono che questi tentativi “meritano una risposta meditata da parte ebraica” e sperano che la dichiarazione possa contribuire positivamente per successivi sviluppi. L’impressione iniziale è che i due documenti siano in contrasto: quello cattolico un segno di difesa e arroccamento, l’altro un segno di apertura. In realtà entrambi i documenti mostrano gli sforzi di ambo le parti per arrivare a un’intesa senza tuttavia sacrificare le convinzioni sopra le quali si fonda la propria identità.

Dichiarazioni a confronto
La dichiarazione degli studiosi ebrei lo indica chiaramente: “Dio ultimamente redimerà Israele e il mondo intero. Tuttavia, ebrei e cristiani interpretano in senso differente molti passi della Bibbia. Queste differenze devono essere rispettate… La differenza umanamente inconciliabile tra ebrei e cristiani non sarà risolta finché Dio redimerà il mondo, come ha promesso nelle Scritture… Gli ebrei possono rispettare la piena adesione dei cristiani alla propria rivelazione esattamente come ci aspettiamo che essi rispettino la nostra totale adesione alla nostra rivelazione. Né l’ebreo, né il cristiano, dovrebbero essere spinti ad affermare gli insegnamenti dell’ altra comunità… Solo se abbiamo cura delle nostre proprie tradizioni potremo proseguire questa relazione onestamente”.
Non c’è proprio nulla contrario a questa dichiarazione nel documento di parte cattolica. Le affermazioni del cardinal Ratzinger non sono rivolte ai non cattolici, e ancor meno ai non cristiani, ma esattamente ai cattolici, e insistono, come pure la dichiarazione ebraica, sulla necessità di restare fedeli all’integrità della pretesa di Cristo e della sua Chiesa. Entrambi i documenti riconoscono che altri, al di fuori delle loro tradizioni, possono incontrare Dio. Non è questo il punto. Il punto è il fatto oggettivo di come Dio ha liberamente scelto di entrare nella storia umana, il fatto oggettivo della sua “incarnazione”. Gli ebrei credono che essa consista nella scelta e nella vocazione di Israele; i cattolici che l’incarnazione risieda nell’umanità di Gesù di Nazareth e nella vita della comunità che è il suo “corpo”. E gli uni e gli altri sono convinti che ciò non escluda gli altri dalla salvezza di Dio, ma anzi la renda possibile: gli ebrei offrendo al mondo la conoscenza del solo e unico vero Dio, i cristiani attraverso la rivelazione di questo Dio in Gesù.
Si deve ancora vedere come tutto questo possa tradursi nel dibattito politico all’interno di una società pluralistica. Il documento ebraico indica nel nazismo il nemico sia degli ebrei che dei cattolici. Forse, se si avvicineranno ancora di più ebrei e cristiani metteranno a fuoco un’altra minaccia comune nel relativismo che vuole separare Dio dalla storia umana.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.