Wojtyla, il conquistador

Di Gianni Baget Bozzo
08 Maggio 2003
Papa Wojtyla ha la capacità di interpretare le situazioni politiche con grandi abilità, sa trovare il punto di equilibrio in situazioni sbilanciate

Papa Wojtyla ha la capacità di interpretare le situazioni politiche con grandi abilità, sa trovare il punto di equilibrio in situazioni sbilanciate. Giunto in Spagna, il Papa sembrava saper pronunciare solo la parola pace: il che è infine quanto ci si aspetta da un Papa. Ma l’intervento politico in occasione della guerra irakena era stato così marcato che la parola pace non assumeva un significato evangelico, la pace con Dio, ma un significato politico. E ciò creava un delicato problema in Spagna, dove i cattolici sono al governo ma sostengono la linea americana e l’opposizione socialista è fortemente laicista, in forme più marcate che l’opposizione italiana. Nel governo Aznar, i quattro quinti dei ministri sono cattolici praticanti, il vice presidente Truillo è membro dell’Opus Dei, altri ministri sono membri dei “Legionari di Cristo”: tutti istituti religiosi molto vicini a Giovanni Paolo II. Il cardinale Roca, arcivescovo di Madrid, ha detto che il pacifismo papale obbligava in coscienza i cattolici, diversamente da quanto pensa il cardinale Ratzinger, che non lo giudica obbligo di coscienza e che, anzi, in un documento della Congregazione per la dottrina della fede ha condannato utopismo e pacifismo. Però il governo Aznar è rimasto fermissimo su una posizione di principio favorevole alla politica americana, anche se i sondaggi dicevano che il 90% degli spagnoli era contro la sua politica e quindi favorevole a quella del Papa. Se i Paolini avessero ripetuto in Spagna il referendum di Famiglia Cristiana che invitava a scegliere tra il Papa e Bush, l’avrebbero vinto ancor meglio che in Italia. Ma il governo di ministri cattolici ha contraddetto Papa ed elettori ed è rimasto sulle sue posizioni: Aznar è diventato un leader euroatlantico ed ha fissato una situazione non mutabile per la Spagna. Se i socialisti vincessero le elezioni, la loro vittoria cambierebbe la posizione della Spagna in politica estera e la metterebbe contro gli Stati Uniti: una scelta impossibile. I socialisti spagnoli hanno una tradizione anticlericale che deriva dalla loro storia: Felipe Gonzales, il loro leader storico, ha dichiarato a El Paìs di essere un cristiano che soffre la perdita della fede. Più che in Italia la differenza tra centro e sinistra è una differenza religiosa. La sinistra rimprovera al Papa la beatificazione dei martiri nella guerra civile spagnola. In Spagna la pace vaticana aveva in politica il non sostegno dei cattolici e il supporto dei laicisti, diversamente dalla religione cattolica. Giovanni Paolo II si è accorto della difficile situazione in cui si muoveva e nella seconda parte della visita si è riconciliato con la tradizione cattolica della Spagna, esaltando la sua opera evangelizzatrice e il ruolo che la Spagna ha avuto nel sostegno del cattolicesimo, facendo così un accenno al valore cattolico che ha avuto la colonizzazione delle Americhe. Il che è certamente vero, perché a convertire gli Indios e gran parte dell’America Latina fu l’evangelizzazione fatta dai religiosi francescani, domenicani e gesuiti. Ma fu anche un’impresa politica, il che nel mondo cattolico postconciliare è stato oggetto di condanna e di rifiuto. Con ciò il Papa ha abbandonato il tema della pace ed ha ripreso quello della Spagna cattolica, il più inviso alla tradizione laicista. Le ragioni della politica di centro si sono evidentemente fatte sentire. Così il viaggio papale iniziato a sinistra si è concluso a destra, le voci della realtà, della storia e della fede si sono fatte sentire più forti del fascino dell’utopia. Così il Papa ha finito il suo viaggio in un consenso fervido del popolo cattolico che si è riconosciuto in lui, e ha dato segni del suo carisma di grande comunicatore, capace, come oggi nessuno al mondo, di esprimere sentimenti popolari.

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