
Wojtyla, soggetto politico universale
Se dobbiamo interpretare il papato wojtyliano a partire dal Vaticano II, possiamo dire che il pontificato ha espresso, come la seconda parte del pontificato di Paolo VI e quello di Giovanni Paolo I, di cui non a caso Wojtyla ha preso il nome, la fedeltà alla “lettera del Concilio”, non allo “spirito del Concilio”. Lo si vede nel punto più importante, la lettura della collegialità episcopale; Giovanni Paolo II ha chiarito, oltre ogni ragionevole dubbio, che solo il Papa ed il Concilio Ecumenico governano la Chiesa universale. Ogni idea di governo sinodale è stata esclusa così come ogni ruolo magisteriale delle conferenze episcopali nazionali, distinto da quello dei singoli vescovi. E la globalizzazione ha rafforzato il potere del Papato; solo un’autorità universale regge una presenza universale. Il ruolo politico degli episcopati locali è stato superato dalla concentrazione del magistero e del ministero politico nell’azione del Papa; documenti come quello dell’episcopato americano sulla dissuasione nucleare sarebbero oggi impossibili. Il Papa è divenuto l’unico soggetto politico nella Chiesa e svolge la funzione di coscienza critica dell’Occidente, inserita all’interno dell’Occidente. Questo è stato il colpo di genio di Giovanni Paolo II; ha risolto i rapporti tra Papato e collegialità, monopolizzando il magistero ed il ministero politico. I viaggi e le canonizzazioni, le beatificazioni localizzate sono state uno strumento di questo straordinario papato politico e religioso, che ha compreso che la differenza tra politica e religione non significa contraddizione o contrarietà. In questo il Papa polacco ha evitato la visione spiritualistica della “Chiesa dei poveri” che viveva nelle sette del neognosticismo postconciliare e che anch’esso non è ancora risolto. Il Papa, fedele alla lettera del Concilio, ha però ripreso alla grande la tradizione politica del papato del secondo millennio, è stato fedele alla Chiesa della Tradizione perché ha voluto contrastare la tesi dei teologi postconciliari per cui il Vaticano II era un ritorno alla Chiesa delle origini contro il Medioevo e la Riforma tridentina. La tesi del Papa è stata quella di leggere il Vaticano II come l’ultimo dei Concili, non come il Concilio che si distaccava dagli altri. Egli non avrebbe fatto proprie le parole del primo Paolo VI, ancora illuso, che paragonava il Vaticano II al Concilio di Nicea. La “lettera del Vaticano II” è conciliabile con la Tradizione, lo “spirito del Vaticano II” no. Le Chiese protestanti storiche, che avevano seguito la linea della modernizzazione, cioè l’analogo dello “spirito del Concilio”, sono in grandi crisi di fedeli, mentre crescono le chiese evangeliche e carismatiche, lontane da ogni influenza teologica del protestantesimo liberale e lontane da ogni ecumenismo da cui si sono separate anche le Chiese ortodosse. Il Papato di Wojtyla, il Papato della Tradizione, è divenuto un soggetto politico universale, conservando una forma moderata di ecumenismo. I neo modernisti, che vogliono la donna prete, il prete sposato, il governo sinodale della Chiesa universale sono una presenza vocale ancora minacciante. Ma Wojtyla sta lì ad impedirlo e sarà sempre presente perché ha espresso la Tradizione di cui vive nei millenni la Chiesa cattolica.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!