Analisi di una ossessione così «totalizzante» da spingere le aziende a discriminare perfino i clienti in base all’appartenenza ideologica. Intervista al politologo Luigi Curini
Un capitalismo etico che cerca una purezza morale totalizzante, basata sull’agenda progressista ormai dominante tra le élite occidentali. È questa secondo Luigi Curini, professore ordinario di Scienza politica all’Università di Milano, la natura del woke capitalism. Una nuova forma di capitalismo che si fonda sulla convergenza tra incentivi ideologici e puro tornaconto che spinge le multinazionali ad abbracciare una narrazione militante, woke appunto, guidata dai temi Lgbtq+, dalla identity politics e dalla promozione delle diversità.
Professore, cos’è il woke capitalism?
Il woke capitalism, termine recente introdotto a metà degli anni Duemila, identifica quelle multinazionali che sostengono cause apertamente progressiste. Attenzione: progressiste, cioè battaglie definite da un’agenda ideologica precisa e non cause generali come, ad esempio, la lotta ai tumori.
Luigi Curini
Lei lo ha anche definito “capitalismo etico”.
Sì, il woke capitalism aspira in un certo senso a essere etico, per...