Xi Jinping è molto peggio di un «dittatore», è un imperatore

Le parole di Joe Biden, pronunciate per ragioni di politica interna, non sono sufficienti a descrivere la visione estrema del leader comunista. Xi è convinto che tutto ciò che è "Tianxia", sotto il cielo, è di proprietà di Pechino

Il presidente della Cina, Xi Jinping, durante il vertice a San Francisco con il presidente americano Joe Biden (Ansa)

È ingenuo pensare che Xi Jinping possa essere rimasto «gelato», come scrive il Corriere, dalla definizione che Joe Biden ha usato pubblicamente per lui: «dittatore». Il leader comunista cinese, infatti, sa di essere molto più di questo, sa di essere un imperatore ed è convinto di essere talmente superiore all’Occidente che di certo non si cura di che cosa pensano di lui alla Casa Bianca. Inoltre, il leader più potente dai tempi di Mao Zedong non è un novellino e sa benissimo che Biden è in campagna elettorale e che quel termine gli serve per riguadagnare terreno nei sondaggi su Donald Trump, che lo accusa da sempre di essere troppo molle con il principale rivale strategico degli Usa: la Cina, appunto.

Vertice positivo tra Joe Biden e Xi Jinping

Il vertice di quattro ore di San Francisco, che aveva l’obiettivo di avviare il disgelo tra le due superpotenze, ha avuto esito positivo. Soprattutto, la riattivazione di una hotline per le comunicazioni militari tra i due presidenti e tra i due eserciti è un segnale importante.

Le tensioni su Taiwan non sono diminuite, ma è un’illusione pensare che basti una chiacchierata per raggiungere questo obiettivo. Anche se a torto, Pechino considera l’isola una provincia ribelle e in questo periodo di ipernazionalismo non rinuncerà mai a rivendicarne la sovranità.

I taiwanesi, come evidenziato in un recente reportage di Tempi dall’isola, non sperano certo che la Cina abbandoni le sue pretese. Piuttosto confidano che Xi non sia così imprudente da lanciare un’offensiva militare per affermare il suo presunto diritto su Taiwan.

La visione dell’imperatore Xi

Il problema è che potrebbero sbagliarsi. In un recente articolo su Taiwan News, Kenneth Fan, profondo conoscitore tanto della Cina quanto dell’isola, ha raccontato un aneddoto rivelatore sul pensiero dell’imperatore Xi. Dieci anni fa un consigliere del leader comunista andò da lui per parlare dell’Asia e di Taiwan.

Dopo ore di discussione su Giappone, Corea, Singapore e altri paesi asiatici, Fan si complimentò con il l’interlocutore per la sua profonda conoscenza di tutte quelle nazioni. E si stupì molto quando quello rispose: «E pensare che non sono mai stato fuori dalla Cina». Gli chiese come poteva conoscerli così bene senza esserci mai stato e lui disse: «Non ho detto che non ci sono mai stato. Ho detto che non sono mai stato fuori dalla Cina».

Che cosa implica il «Tianxia»

La visione di Xi, ne deduce Fan, è quella del «Tianxia». Come i vecchi imperatori, il leader comunista è convinto di essere destinato a governare su «tutto ciò che si trova sotto il cielo». Il nazionalismo di Xi non ha niente a che vedere con quello di Vladimir Putin, è molto più ampio: agli occhi di Xi Jinping non è soltanto Taiwan a essere cinese, ma tutta l’Asia (come minimo).

Essere chiamato «dittatore» da Joe Biden, in quest’ottica, è un dettaglio. Il presidente americano, infatti, ha fatto riferimento a come Xi governa il suo paese. Ma le ambizioni dell’imperatore sono ben più ampie.

Biden torna a fare politica

Definendolo «dittatore», piuttosto, Biden è finalmente riuscito a farsi notare positivamente dall’elettorato americano. In netto svantaggio su Trump nei sondaggi per le presidenziali dell’anno prossimo, il presidente americano ha dimostrato di essere ancora in grado di fare politica.

Guadagnandosi addirittura gli applausi del Wall Street Journal («Ben detto, signor Presidente»), Biden ha saputo utilizzare il momento di politica internazionale più delicato per dare una sterzata alla sua campagna elettorale.

È un segno di vitalità, ciò di cui Biden aveva disperato bisogno, ed è anche un chiaro segnale a tutti quei politici, americani ma soprattutto europei, invaghiti del dittatore cinese e del suo modello alternativo alla democrazia. Modello solo in apparenza efficiente, e in realtà fallimentare, come la disastrosa genesi e gestione della pandemia di Covid-19 hanno dimostrato.

@LeoneGrotti

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