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«Quello iracheno è un popolo unito dalla sofferenza»

Di Simone Cantarini
24 Marzo 2023
I cristiani in fuga, la corruzione in un Paese sempre più povero, i gruppi fanatici che resistono. Intervista a monsignor Thabet Habib Yousif Al Mekko, vescovo dell’eparchia caldea di Alqosh, a vent'anni dall'invasione Usa
Iraq carte Saddam
Le carte con i volti dei "most wanted" in Iraq durante la guerra, in mostra al National Army Museum a Londra (foto Ansa)

Quello dell’Iraq è un popolo «unito dalla sofferenza». È questa l’immagine fornita a Tempi da monsignor Thabet Habib Yousif Al Mekko, vescovo dell’eparchia caldea di Alqosh, città situata nella piana di Ninive a nord di Mosul, della situazione del Paese a 20 anni dall’operazione Iraqi Freedom (Oif) condotta dagli Stati Uniti nel 2003 per rovesciare il regime di Saddam Hussein, la cui caduta e il caos che ne seguì aprirono le porte all’estremismo islamico e il terrorismo prima di Al Qaeda e poi dello Stato islamico. La devastazione della guerra e l’insurrezione che a partire dal 2006 si trasformò in guerra civile hanno decimato la popolazione cristiana, facendo quasi sparire alcune tra le comunità più antiche del mondo.
Da un milione a 300 mila cristiani in vent'anni
«Dopo 20 anni dall’invasione degli Stati Uniti, in Iraq la situazione dei cristiani è questa: da oltre un milione siamo diminuiti a 300.000, cristiani di tutte le confessioni e le chiese. Al nord avevano una vita tranquilla...

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