Siria, i cristiani tornano nei quartieri devastati di Homs

Di Redazione
08 Marzo 2016
Approfittando del cessate il fuoco, i cristiani ritrovano la loro città, sfigurata dagli attentati terroristici che in questi anni non si sono mai fermati

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Siria. I jihadisti lasciano la città e i cristiani cominciano a fare ritorno. Parliamo di Homs, principale teatro dello scontro tra terroristi islamici e lealisti di Assad, nonché culla di una delle più antiche comunità cristiane d’oriente. In un reportage firmato per Repubblica, Alberto Stabile racconta il nuovo volto della città, sfigurato dagli attentati terroristici che in questi anni non si sono mai fermati.

TRA LE MACERIE. Nel quartiere Bustan al Diwan abitavano 200 mila cristiani. I jihadisti non ci sono più ma i continui attentati frenano la maggior parte degli abitanti dal fare ritorno. Ai lati della via principale del quartiere, el Hamadiyeh, «non c’è un palazzo in piedi» ma nella traversa che conduce al santuario di Notre Dame de la Cynture «tra le macerie si lavora alacremente per rimettere in sesto le case».

TORNANO I CRISTIANI. I fratelli cristiani Aoun e Daoud sono tra i circa duemila cristiani che hanno fatto ritorno: «Ci eravamo rifugiati a Latakia nel 2012, quando i terroristi si sono ritirati siamo tornati soltanto per vedere la nostra casa saccheggiata e distrutta». Sta tornando in vita anche il convento di padre Frans Van der Lugt, il gesuita «vissuto come un santo» e assassinato dai jihadisti nell’aprile del 2014. Oggi la sua tomba, nella città vecchia di Homs, è diventata un santuario, meta di pellegrinaggio per i cristiani tornati nella città devastata. Tra loro c’è Liliana, 20 anni, assente da Homs da quando ne aveva 17. Per tre anni ha convissuto con il dolore della lontananza dalla sua città «come quello di una persona che sente la propria anima totalmente dipendente da un luogo».

CESSATE IL FUOCO. Il ritorno dei cristiani di Homs è stato favorito anche dal cessate il fuoco cominciato il 27 ottobre e che, se pur con qualche violazione, finora sta funzionando. Nelle regioni del Sud, controllate da fazioni ribelli, le violenze sono diminuite quasi completamente. Nel nord, invece, dove è forte la presenza dei jihadisti di Al-Nusra, i combattimenti continuano. Emile Hokayem, analista dell’International Institute for Strategic Studies, sostiene che la definizione più giusta per quello che sta accadendo è «riduzione non cessazione delle ostilità».

COLLOQUI DI PACE. Se molti ribelli della provincia di Idlib, al confine con la Turchia, continuano a essere attaccati è perché combattono insieme ai terroristi di Al-Qaeda. L’opposizione ribelle è sempre scontenta della tregua e infuriata con gli Stati Uniti, dal momento che vede allontanarsi la possibilità di una cacciata di Assad, ma spera che almeno l’interruzione delle ostilità porterà a un accordo tra le parti quando riprenderanno i colloqui a Ginevra naufragati il mese scorso.

Foto Rodolfo Casadei

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1 commento

  1. Franco

    Se non fosse stato per l’intervento della Russia questa ed altre città siriane sarebbero ancora vittime di quella “politica equilibrista” adottata dal nostro occidente. Non dimentichiamo che a pagare le conseguenze di questa politica è stata proprio quella comunità cristiana di antiche origini sopravvissuta a vicende storiche che l’Europa ha purtroppo dimenticato e che ha iniziato a vivere, e che rischierà di vivere in futuro sulla propria pelle, in un contesto ben diverso da quello che le consentì a suo tempo di difendere quei valori cristiani nei quali, all’incirca cinque secoli, fa credeva.
    Franco

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