Simone: La mia speranza (cosa disse don Giussani nel 1981)

«Perché si tira avanti? Perché in carcere alcuni resistono, mentre altri si suicidano? Qual è la speranza che ci sostiene?». Quindicesima lettera dal carcere di San Vittore

Quindicesima lettera inviata a tempi.it da Antonio Simone, detenuto nel carcere di San Vittore a Milano. In coda trovate le precedenti missive.

Una cosa di cui non posso lamentarmi qui nella cella di San Vittore è che tutti i miei compagni sono stati arrestati in flagranza di reato e non hanno il problema di dire di non aver commesso nulla di male.

È una fortuna perché, oltre al problema processuale, si cerca di guardare oltre, al futuro, e ci si interroga sul “dopo”. L’altra sera, ad esempio, Pasquà, il napoletano, ha giurato che non farà più niente di illecito («anche se è facile dirlo mentre si sta in galera», ha aggiunto). «Non ce la faccio più a stare senza i miei cari – ha proseguito – e mi dispiace che soffrano a causa mia». Ikea, scientifico come sempre, è intervenuto: «Pasquà, alla famiglia ci dovevi pensare prima. Non sono mica andati loro a rubare il camion».

Perché si tira avanti? Perché in carcere alcuni resistono, mentre altri si suicidano? Qual è la speranza che ci sostiene?
Ognuno ha la sua. Chi la famiglia, chi i figli, chi i genitori, chi Dio.
Si vive per una speranza, che è il ricordo di un bene sperimentato che si spera riaccada ancora più forte per superare le difficoltà del vivere, per avere una ragione.

Qual è la mia speranza?
È in una promessa: «Io ti salverò».

Mi è arrivata una lettera su cui era riportato quel che disse don Luigi Giussani in una predica nel lontano 1981. Ne condivido un passo con voi.

«Dio è fedele – “Salvabo Te, noli timere” – Dio è fedele: per questo la promessa è già come l’adempimento, è già come esserci nel compimento felice. Ma questo “ti salverò”, questo “non temere” non riguarda solo l’ultimo grande paragone, il paragone di quel che la vita dell’uomo chiama morte, questo “ti salverò”, questo “non temere” non è soltanto di fronte al nemico della vita che è la morte: sono parole che riguardano anche il cammino, che già riguardano i passi del nostro cammino, che riguardano questa vita. Ti salverò in questa vita: non temere nulla di questa vita se strappi via dagli occhi come primo oggetto del tuo sguardo te stesso – per il bene, per il male, per lamentarci, per presumere – ; e davanti agli occhi immediatamente poni Cristo. Perché Cristo è la salvezza che il profeta ha promesso.
È nella compagnia di Cristo che non c’è timore, quante volte l’ha ripetuto il Vangelo: “Non temere, piccolo gregge“. Non temere: io ti salverò su questa strada, io ti farò compiere questa strada; non temere. Non temere ciò che ti circonda e non temere te stesso. Temere se stessi è mettere sé di fronte agli occhi, prima di tutto il resto, prima di Cristo; temere se stessi deve essere strappato via al nostro sguardo perché Cristo domini, perché Cristo sia il Signore dei nostri occhi».

Non temere se stessi!

Antonio Simone

Lettere precedenti:
1. Lettera dal carcere di Antonio Simone. Con una domanda a Repubblica
2. Anche da un peccato può nascere un po’ più di umanità
3. «Ezio Mauro, se vuoi farmi qualche domanda, sono pronto»
4. Io, nel pestaggio in carcere con cinghie e punteruoli
5. La rissa e l’evirazione. Storie di ordinaria follia a San Vittore
6. In quel buio che pare inghiottirmi, io ci sono
7. Repubblica mi vuole intervistare. Ok, ma a due condizioni
8. Cresima in carcere con trans. Sono contento
9. Mi dimetto da uomo. Meglio essere un porco
10. Gli scarafaggi, il basilico e l’urlo nella notte
11. «Amico, posso diventare anche io di Comunione e libertà?»
12. «Sono di Cl non perché sono giusto. Ma per seguire una via»
13. «Che differenza c’è tra me e voi fuori? Nessuna»
14. Ikea festeggia la condanna definitiva. Festa con incendio

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